Pubblicato da: luciano de fiore | 30 settembre 2009

Von welchen Sternen…

È la sera del 13 maggio di una primavera romana del 1882. Una giovane russa di ventun anni, Lou Salomé, è in compagnia di un intellettuale prussiano conosciuto da poco, Paul Rée. Rée, trentaquattrenne, è entrato in confidenza con Friedrich Nietzsche, anch’egli in quel periodo salito a Roma. Paul tiene molto a far conoscere Lou e Friedrich, al punto da combinare un incontro. Lou, nata nella piccola nobiltà russa, è una ragazza colta e ambiziosa, bionda e con gli occhi chiari, decisamente affascinante. Nietzsche all’epoca ha trentotto anni, sta scrivendo La gaia scienza ed è già molto noto nell’ambiente intellettuale, non solo tedesco. L’appuntamento è nella basilica di San Pietro, “dove, seduto in un confessionale, Paul Rée attendeva con zelo ai suoi appunti di lavoro e dove perciò – scrive Lou ricordando – Nietzsche era stato indirizzato”.

Nietzsche nel 1882

Nietzsche nel 1882

Nella descrizione che ne dà la stessa Lou, Nietzsche è un uomo di media statura, dai capelli castani pettinati all’indietro, veste in modo semplice ma curato, ha un’andatura cauta e meditabonda. Entra in chiesa, percorre la navata e si ferma davanti a Lou: «Egli mi rivolse il suo primo saluto con le parole: “Cadendo da quali stelle siamo stati spinti qui, l’uno incontro all’altra?”»[1].
Inizia così l’intenso rapporto tra il filosofo e la giovane intellettuale russa, una vicenda breve, difficile e nel complesso infelice[2].
Con delle parole certamente poetiche: cadendo da quali stelle… Ma perché Nietzsche pronuncia proprio questa frase, vedendo per la prima volta Lou Salomé? Avanziamo un’ipotesi. Perché Nietzsche sente di colpo il proprio sguardo trattenuto da quello di lei, parimenti interessata. Nietzsche de-sidera. La sua attenzione non è più al cielo ed ai suoi astri/sidera, ma è de-siderata: ha distolto lo sguardo dagli astri e lo ha affissato ad un soggetto de-siderato, lontano dalle stelle. “Desiderare, per l’etimologia, è de-siderare, strano verbo che parla di un qualche rapporto con le stelle. L’ipotesi più ragionevole su questa strana etimologia è che de-siderando si smetta di guardare le stelle, dunque si decida di non affidarsi più al loro corso sicuro e sempre uguale, di non regolare la vita sulla base di un destino verticale, che cala dall’alto. […]. Si passerebbe così a conservare invece lo sguardo teso nella dimensione orizzontale del mondo, a sfidare quel che dovrebbe essere il futuro stabilito per cercarne un altro, passando dal sapere al fare o almeno al patire”[3]. De-sidero è analogo a disastro, caduta dal cielo e dagli astri e, da un punto di vista teologico, allontanamento da Dio, caduta nel peccato. Da questo punto di vista unilaterale (che considera solo la filiazione di desiderio da Penia, dalla mancanza), si può dire che il cristianesimo sia la catastrofe del desiderio, l’inizio della Caduta[4] e con essa della demonizzazione dei desideri: “Qualificato in questo modo, il desiderio non è che un disastro, e il pensiero che si dispone a questo disastro sfocia in un’ontologia della mancanza – una disastrologia o, per restare nel greco, una catastrologia. Ma se il desiderio è doppio, la mancanza in esso è anche l’apertura del suo slancio, e la spinta della sua instancabile tensione”[5].
Può quindi non essere necessario discostarsi dal suo etymon latino – come invita a fare Nancy – per comprendere la complessa e contraddittoria natura del desiderio: nel volger l’attenzione al mondo c’è già infatti l’apertura e il conato che costituisce la sua natura seconda, coessenziale al suo mancare di nulla.


[1] “Von welchen Sternen sind wir uns hier einander zugefallen?”. F. Nietzsche, L. Andreas-Salomé, P. Rée, Triangolo di lettere, a cura di M. Carpitella e E. Pfeiffer, Adelphi, Milano 1999, pag. 89.

[2] Alle circostanze del primo incontro accenna per prima la stessa Salomé nel suo libro su Nietzsche: Lou Andreas-Salomé (1894), Friedrich Nietzsche nelle sue opere, edizione italiana con postfazione di Domenico Fazio, SE, Milano 2009, pag. 22 e segg. Alla primavera-estate 1882 del triangolo Nietzsche-Rée-Salomé (la “Trinità”, come la chiamavano gli stessi tre amici) dedica un capitolo anche Anne Dufourmantelle in Sesso e filosofia (2003), Donzelli Editore, Roma 2004, pagg. 143-154.

[3] Ugo Volli, Figure del desiderio. Corpo, testo, mancanza, Raffaello Cortina Editore, Milano 2002, pag. 50.

[4] Camille Dumoulié (1999), Il desiderio. Storia e analisi di un concetto, Einaudi, Torino 2002, pag. 75. Malgrado i distinguo di Tommaso, infatti, nonostante il desiderium propriamente detto, nella sua purezza, dipenderebbe ”più dall’appetito superiore (appetitus) che dall’appetito inferiore (concupiscentia)”, il cristianesimo riterrà l’idea che le pertinenze del desiderio sono la confuzione, la molteplicità e la divisione.

[5] Jean-Luc Nancy (2000), Il «c’è» del rapporto sessuale, SE, Milano 2002, pag. 37.

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Risposte

  1. Salve Professore! Sono riuscita a seguire qualche lezione quest’anno:molto interessanti, come al solito! Non so se ha già affrontato il tema del genio che esaudisce i desideri; le segnalo, in proposito, una fatto divertente: c’è un episodio di x-files (episodio 21, stagione 7) intitolato “Je souhaite” che ha come protagonista un genio dei desideri; la faccenda però viene declinata nella domanda: “cosa desidera il genio?”. Per farla breve si scopre che il desiderio del genio è di essere lasciato in pace, si vuole solo bere un caffè al bancone del bar menre guarda passare la gente per strada. Questo perchè diventare un genio che esaudisce i desideri altrui è in realtà una maledizione. Per questo le storie con i geni che escono da una lampada raramente vanno a finire bene. I fatto è che il genio interpreterà sempre il desiderio alla lettera, ignorando il senso profondo della richiesta. Per esempio Mulder fa la classica richiesta “I want peace on earth” e si ritrova in un mondo assolutamento silenzioso e totalmente disabitato: very paeceful indeed! Oppure la richiesta di un ragazzo che vuole riavere accanto il suo defunto fratello si risolve nel ritrovarsi per casa un cadavere semovente. Insommma, se già è difficile sapere veramente quel che si desidera, chiederlo al famoso genio pare un’impresa ancora più ingrata. Buon lavoro!

  2. […] Non era un corso come gli altri, non era semplice didattica. L’ho capito fin dalla prima lezione. Il mio professore ci parlava di scrittori contemporanei, e univa alla trattazione delle opere di […]


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